Giovanni Maranghi DOC

Introduzione
Da questo titolo di una mostra di opere dell’artista Giovanni Maranghi alla Galleria Coveri a Firenze, tenutosi all’inizio del 2025, a prima vista si pensa che la curatrice, Sara Taglialagamba, voglia elogiare nel titolo stesso l’Artista con un appellativo, DOC, indice di qualità superiore, come ci insegnano l’industria del vino o quella di cibi speciali.
Significato di DOC
In questo contesto, invece, il significato di DOC è Direzione Ostinata e Contraria. Tratto dal titolo di un disco di De André, cantautore ribelle di argomenti disparati, è un appellativo che ci dà una chiave di lettura. Non certo della copiosissima e strabiliante produzione artistica di Maranghi, per la quale rimandiamo al suo curriculum https://vannucchiarte.com/autore.phpartista=maranghi-giovanni
Materiali e stili differenti
DOC è piuttosto un’interessante presentazione delle 12 opere di questa mostra, dove troviamo quadri e sculture, in diversi materiali, dalla resina al graffito, dalla fotografia alla rielaborazione digitale. Con stili sorprendentemente differenti in questa piccola raccolta delle sue opere.
Si vede un modo di dipingere che cerca la contaminazione fra antico e moderno, ottenuto per sovrapposizione. La sovrapposizione sta anche alla base di una sua invenzione, di oltre vent’anni fa, da lui denominato “Kristal”. Ad un suo quadro sovrappone una pellicola trasparente in PVC da lui disegnata, che aggiunge elementi colorati, tipo un foulard annodato a fiocco intorno al collo oppure una collana. L’effetto è doppio, cambiare il quadro sottostante e, insieme, dargli luce come farebbe un vetro. Con la differenza che questa copertura si rimuove facilmente e si può sostituire con un’altra, rinnovando così il quadro.
Performance nel campo della moda
La performance è un altro modo di lavorare che l’Artista ha riservato alla moda. Il manichino con un vestito di acetato trasparente, messogli a disposizione dalla Maison Coveri, è stato da lui decorato in loco. L’artista ha poi eseguito in diretta, a 10 giorni dal finissage, decorazioni su un abito lungo, sempre di acetato, indossato da una modella dai lunghi capelli neri. E questo verrà trasformato in tessuto e quindi in abito dalla Maison Coveri, che nel suo DNA, come ben sappiamo, ha la Moda.
l’Artista non è nuovo a questa esperienza di performance. Nel 2018 a Berlino per “One Night Only” ha già presentato la collezione d’alta moda che lo stilista Justin Reddig, ha derivata dai suoi dipinti.
Un punto di contatto fra l’Artista e lo stile Coveri è sicuramente visibile nelle radici di tradizione fiorentina che entrambi hanno.

Innocenti Wine Experiences. Enoteca Ristorante Alle Murate 

Premessa

Nel nome – Innocenti Wine Experiences. Enoteca Ristorante Alle Murate – si fondono passato e futuro di questo locale di Firenze Ma è, a mio parere, una fusione pericolosa. Mi spiego. Non essendoci l’ indirizzo nell’intestazione, via del proconsolo 16 r , si equivoca che il locale sia Alle Murate. Un invito ad andare nella sede delle antiche prigioni, che si trovano a qualche chilometro di distanza. Il tutto nasce da un atto di rispetto per le tradizioni dei nuovi gestori. Il locale prendeva il nome dal fatto che i precedenti gestori avevano iniziato la loro attività alle Murate. E avevano intitolato il locale a quel luogo. Spostatisi in via del Proconsolo, avevano voluto conservare lo stesso nome. Questi nuovi, al rispetto dell’architettura, dovuto nel centro storico di Firenze, hanno aggiunto la conservazione del nome del locale.  Perciò, la prima cosa da dire è: Non andate alle Murate. Venite in via del Proconsolo 16r!

Innocenti Wine Experiences. Enoteca Ristorante ha riaperto a marzo

Innocenti Wine Experiences è un locale storico, Palazzo dell’Arte dei Giudici e Notai,  con il ricordo di affreschi oggi solo in parte salvati, in cui si è conservato addirittura il profilo di Dante. Il locale ha  riaperto a marzo , con una squadra di Poggibonsi composta da Gianni e Francesco Innocenti, due fratelli direttori, da cuochi e da camerieri. Nella presentazione è tangibile un bell’affiatamento, gentilezza, professionalità ,oltre ad una collezione di 1200 bottiglie di vino, un prosciutto di cinta senese da capogiro, raffinati finger food per accompagnare il bicchiere di vino. Tutto sta ad indicare che c’è una cura sia nella preparazione del cibo, sia negli abbinamenti possibili con il vino più adatto. Sessanta coperti per un locale su tre livelli, in cui il valore storico e artistico dell’edificio si sposa perfettamente con i criteri di qualità, stagionalità e ricerca che caratterizzano il menù e la carta dei vini ideati dalla nuova proprietà. 

«Arriviamo sulla piazza fiorentina con grande rispetto per la tradizione enogastronomica che ha reso celebre la città, e consapevoli della molteplicità di pubblici di riferimento che un ristorante del centro storico può avere. Noi ci presenteremo per quello che siamo, con la nostra semplicità e la nostra serietà, con i valori in cui crediamo. Ci auguriamo che anche a Firenze, come è successo a Poggibonsi, il nostro locale diventi uno spazio in cui vivere un’esperienza, scoprire nuovi vini e creare relazioni» dicono Gianni e Francesco Innocenti. 

L’enoteca I vini sono l’ingrediente protagonista di Innocenti Wine Experiences Alle Murate, lo si nota subito entrando: le pareti, tappezzate di bottiglie, sono il frutto di un infaticabile lavoro di scouting che i fratelli Innocenti hanno maturato in oltre 15 anni di ricerca nelle cantine e tra i produttori di tutta Italia, ma anche di Francia, Germania e Austria. La carta è un viaggio in oltre 1.200 etichette, sempre in movimento, tra piccole aziende con molte cose da raccontare, e realtà più affermate, che si sposano bene con la filosofia del luogo. Una selezione che cresce giorno dopo giorno in profondità e in maniera mirata e progressiva.

Vino e distillati sono disponibili anche da asporto.

Passione e conoscenza hanno contribuito a creare un mix di vini tradizionali e naturali, tutti accuratamente selezionati. Grazie alla presenza in sala del sommelier professionista Ivan Sepora, verranno valorizzati gli abbinamenti con i piatti proposti in menu. Si potrà assaggiare tutto, anche al calice

Dall’aperitivo alla cena Innocenti Wine Experiences Alle Murate sarà aperto tutti i giorni, dal martedì alla domenica, dalle ore 11 alle 23. Gli aperitivi – che verranno serviti nella sala principale del piano terra – saranno accompagnati dal menu “Per ogni momento” in cui compaiono selezioni di salumi e formaggi, quiche di verdure e delizioso pan brioche, oltre alle proposte del giorno, sfiziosi amuse-bouche sempre diversi e tutti da provare. 

Pranzo e cena saranno serviti sia nella sala in cui sono state rinvenute le antiche strutture architettoniche romane del I secolo d.C, sia nei grandi soppalchi in cui ci si siede a pochi centimetri dagli affreschi trecenteschi recuperati durante i restauri all’inizio degli Anni Duemila. Il menu del pranzo “Oggi la cucina propone” ruota intorno ai sapori autentici e semplici (dal “Pesce bianco al vapore” con stracciatella e citronette alla “Crespella alla fiorentina” con ricotta, spinaci e noce moscata). La varietà dei piatti di pesce e verdure segue di pari passo la stagionalità, mentre le carni vengono selezionate dai migliori produttori locali. Lo staff preparerà quotidianamente pasta fresca, pane e schiacciata.

Per la sera, tre menu degustazione (40/55/75 euro) e à la carte, con piatti più strutturati come lo “Spaghetto con genovese di polpo” e la “Guancia di manzo, sedano rapa, chips di topinambur e bietola colorata”.In cucina e in sala, solo giovani professionisti

Storia del Palazzo dell’Arte dei Giudici e Notai  In via del Proconsolo, il palazzo che ospita Innocenti Wine Experiences – Enoteca ristorante Alle Murate è un luogo ricco di storia e di suggestioni. Siamo a pochi passi dal Bargello e dalla Badia Fiorentina, nel cuore del cosiddetto quartiere dantesco, dove il Sommo Poeta nacque e abitò. Andando più indietro nel tempo, quando Firenze era Florentia, da qui passava la prima cerchia delle mura romane. Nel Quattrocento, il palazzo divenne sede dell’Arte dei Giudici e Notai, una delle corporazioni più influenti della Firenze medievale. Da qui anche la denominazione della via, intitolata al Proconsole, capo della corporazione e giudice delle dispute.

Nell’antica sala delle udienze, proprio al piano terra, già a partire dal Trecento venne realizzato un complesso ciclo di affreschi in cui comparivano le arti fiorentine e i loro simboli, e la città veniva rappresentata come la Gerusalemme Celeste. Le pitture rendevano omaggio a Coluccio Salutati, cancelliere della Repubblica Fiorentina e figura di spicco dell’Umanesimo, e celebravano i principali protagonisti della scena culturale dell’epoca: Dante, Boccaccio e Petrarca. Oggi le tracce di questo antico passato, grazie alla segnalazione della professoressa Maria Monica Donato, docente alla Normale di Pisa, e a un attento lavoro di recupero e ristrutturazione, sono tornate alla luce. Nel piano interrato sono riemersi pavimenti e strutture romane, ma anche pozzi e canalizzazioni che suggeriscono la presenza di un’antica gualchiera per la lavorazione della lana. Al piano superiore, le superfici pittoriche medievali sono state restaurate e con grande sorpresa si è scoperto che il passaggio dei secoli non aveva cancellato il ritratto di Dante Alighieri, sicuramente la prima raffigurazione che possediamo dell’autore della Divina Commedia. Il ritrovamento, avvenuto nel 2005, durante i lavori di ristrutturazione, suscitò grande interesse da parte della stampa e del mondo accademico. E oggi, quelle tracce del glorioso passato fiorentino continuano ad essere frequentati grazie alla creazione di questo locale

 

Fotografia che passione!

La passione, unita ad un incontro con Anna Maria Amonaci, storica dell’arte e della fotografia, ha aiutato Stefano Di Puccio a realizzare la rassegna FOTOGRAFIA – Tracce Fiorentine. Si tiene nella sua storica trattoria I 4 Leoni a Firenze, a cominciare dal 7 marzo 2025 e fino al 15 marzo 2026.  Sei fotografi si susseguiranno nel corso dei 12 mesi, mostrando le loro foto per la durata di 2 mesi ciascuno. Anna Maria Amonaci, curatrice della rassegna, li ha scelti di generazioni diverse, legati a Firenze per nascita o formazione: Franco Cammarata, Lorenzo Bojola, Massimo D’Amato, Lapo Pecchioli, Gianluca Sgherri e Mario Strippini. La location è motivata perché-come spiega Stefano- la permanenza dei suoi avventori per almeno mezz’ora seduti a mangiare, fa sì che ci sia tutto il tempo di guardare a lungo le foto, cogliendone più di un dettaglio. Una possibilità, questa che non c’è in una galleria, quando si va a vedere una mostra.

La fiorentinità-ci spiega la curatrice- si vede nei cieli delle foto, di un azzurro carico.

Inizia Franco Cammarata. Uno dei suoi “quadri” più belli è appunto un cielo terso azzurro “fiorentino” con bolle di sapone e, in secondo piano, la torre di Piazza Poggi. Stefano, che ha sistemato le foto nel locale, lo ha messo sotto un arco di mattoni che emerge in parete, dandogli così un’incorniciatura regale.

L’Artista ha l’abilità di scorgere linee nette create casualmente nell’ambiente che lo circonda. Col telefonino sempre a portata di mano ferma in immagini questi accadimenti che spesso scompaiono o che solo lui ha notato. Suscita meraviglia questa sua capacità. Dopo aver interpretato una prima foto, bella ma incomprensibile, ti metti davanti alle altre domandandoti “Che cosa mi vuole mostrare oltre quello che vedo alla prima?” Confesso che, per una foto, dopo averla guardata a lungo, ho chiesto l’aiuto dell’autore per vederne il secondo significato. Non si può considerare Cammarata un dilettante.. visto che fotografare non è la sua professione Ha usato da tempo macchine fotografiche tradizionali. Ora il cellulare, con un ottimo potere risolutivo, gli permette grandi ingrandimenti, oltre a metterlo in grado di cogliere subito ciò che gli appare, senza lunghe preparazioni.

Gli altri 5 fotografi fiorentini scelti da Anna Maria Amonaci si avvicenderanno nell’ordine sotto specificato

Da martedì 6 maggio Lorenzo Bojola, il cui lavoro esplora il rapporto tra uomo e paesaggio toscano.

Da martedì 8 luglio Massimo D’Amato, le cui immagini, tra documentazione e ricerca artistica, offrono uno sguardo profondo sulla condizione umana

Settembre, con inaugurazione mercoledì 10, vede protagonista Lapo Pecchioli.Il suo progetto nasce da un’esplorazione visiva della natura e dell’essenza umana attraverso la fotografia analogica.

A novembre, da mercoledì 5, Gianluca Sgherri combina, invece, pittura e fotografia in un viaggio attraverso suggestioni visive e un immaginario, metafora di un mondo in continua evoluzione.

Infine, la mostra di Mario Strippini, dal 14 gennaio al 15 marzo 2026. L’autore si interroga sul concetto di spazio e forma.

Anna Maria Amonaci, fiorentina, insegna Fotografia  all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. La collaborazione con Stefano Di Puccio nasce già nel 2005 con l’esposizione dello scultore Filippo Dobrilla e successivamente con quella di Gianluca Maver, con grandi foto esposte negli ambienti esterni alla trattoria.

Stefano Di Puccio, che dal 1995 gestisce I 4 Leoni, ha contribuito con passione alla valorizzazione del quartiere, promuovendo numerose iniziative artistiche come Settembre in Piazza della Passera, che ha animato la piazza dal 2002 al 2019, seguite da incontri e mostre, ultima quella del fotografo Carlo Fei. Promuovendo questa Rassegna, nata da un’idea di Anna Maria, Stefano contribuisce a mettere in mostra quel di più che fa, di una fotografia, un’opera artistica.

Immagine Italia & Co 18 del 2025

L’importanza della lingerie si tocca con mano alla fiera Immagine Italia & Co 18 , alla Fortezza da Basso di Firenze nel week end lungo di metà febbraio 2025. Domenica 16 la fiera è affollatissima. Significa che c’è richiesta . Ovviamente da una fascia di reddito medio-alta. In contrasto con le dichiarazioni assertive sulla classe media, secondo le quali essa è gravemente danneggiata economicamente.

Protagoniste di questa fiera, il più importante e qualificato evento internazionale dedicato alla lingerie,   oltre duecento collezioni per l’autunno/Inverno 25/26, di cui il 43% provenienti dall’estero, a rappresentare la più ampia overview del comparto europeo.

 Taglie curvy

E poi balza all’occhio, girando per gli stand, una cartellonistica che mostra un gran numero di modelle curvy. Se questo può far pensare alla migliorata accettazione a livello sociale, di un modello di femmenilità diverso, parlandone con un espositore capisco che il motivo è un altro. Il responsabile in fiera di Elomi (Lingerie up to all cup) mi dice “Fino a qualche anno fa il nostro principale cliente era l’America. Un cliente americano però mi disse che, tempo pochi anni, con l’affermarsi dei fast food e dei cibi confezionati, anche l’ Europa sarebbe diventata un ottimo cliente. E così è stato! Molte donne sono oggi più grasse a causa del cambiamento dell’industria del cibo e di certa ristorazione.”

Troviamo quindi una spiegazione del perché siano così numerosi i programmi televisivi che cercano di dissuadere dal mangiare cibo junk e consigliano il ritorno alla dieta mediterranea doc.

Nuovi Colori

Sono state organizzate 4 sfilate che hanno mostrato al meglio ai potenziali compratori l’ anteprima delle tendenze AI25/26 in campo lingerie preziosa. Nuovi colori verde oliva, marrone, rosso corallo dicono della tendenza a fare del pigiama anche una comoda mise da usare fuori dal letto. Se non altro, per il tempo di fare colazione.

La seconda sfilata ha rappresentato una novità di svolgimento, suggerita da Oscalito: il light motiv era le ore del giorno, in cui, ovviamente, si può indossare differenti indumenti. Ed era animata dall’incontro di due modelle durante il loro catwalk, cosa che teatralizzava la sfilata.

Una sfilata green

The green show ha visto sfilare una selezione di capi simbolo di rispetto per il pianeta. Va riconosciuto alle ditte l’impegno messo nel rendere sostenibili i capi prodotti, particolarmente difficile nel campo della lingerie dove sintetico ed elasticizzato sono usati più spesso che in altri campi del vestire.

I nomi:Ecofuture, Fraly, Hanro, Mey. Organic Basics,sans Complexe,Paris , Sofiaman. Cui si aggiunge Oscalito, ditta che dal 1936 ha sempre prodotto capi di fibre naturali, monofibra. L’attuale proprietario e direttore ha organizzato un gruppo di produttori di filati sotto il nome Slow Fiber. Il gruppo porta avanti una politica di reale sostenibilità, basata sulla produzione di filati rispondenti alla certificazione più avanzata, che permettono il riciclo dei capi confezionati con questi materiali, danno benessere a chi li indossa e garantiscono una maggiore durata dei capi, a tutto vantaggio del pianeta.

Grande protagonista il bra

In una conferenza affollata la speaker, appartenente al gruppo inglese Pudding, ha dato la consulenza sull’argomento Bra. Un assortimento di taglie e tipi nel negozio e la capacità di suggerire il modello giusto per il tipo di seno della cliente sono indispensabili per far crescere il fatturato. La speaker suggerisce di assortire il 50% del totale per la clientela abituale. L’altro 50% sarà ispirato a dati statistici, e coprirà il range dalla taglia più piccola alla più grande. Il gruppo Pudding organizza corsi di Bra fitting on line in Italiano per industrie e retail.

Presente in fiera anche lo stand Bye Bra, con modelli autoreggenti adatti a grandi scollature.

Calzini e calzettoni

Chi si sente più libera indossando calzini o calzettoni al posto del collant, in fiera trova una grande varietà di colori e di fantasie. Naturalmente l’assortimento è per donna e uomo. Sangiacomo anche per  Kid. Andre anche Hosiery.

Fuori dal coro”

Due espositori, Acquadicocco e Club Voltaire, li posso definire fuori dal coro perché il primo marchio confeziona giacche, cappotti e vestiti e il secondo costumi da bagno.

Il primo produttore si è unito ad una fiera di lingerie perché condivide il territorio di produzione con molta della lingerie italiana presente in fiera. Una scelta che ha fatto conoscere questo marchio, molto originale e ben costruito, al retail che vende, oltre alla lingerie, l’abbigliamento.

I costumi da bagno, di un leccese che usa fantasie molto interessanti e tessuto d’oro drappeggiato, trovano ugualmente clientela nel retail di intimo e abbigliamento, per il quale i costumi diventano body eleganti.

Stampa specializzata

Italia : Intima media Group / IPM Editoriale Moda Group SRL / Intimo Retail Ed. Farlastrada SRL

Francia : Fashionjobs.com

Russia : Lingerie Magazine

Antologia Scelta 2025 della Galleria Tornabuoni.

L’Antologia Scelta annuale, numero 37, riguardante l’arte moderna e contemporanea che è possibile trovare nel  2025 alle Gallerie Tornabuoni, è puntualmente uscita a dicembre 2024. Viene presentata  prima alla Galleria di arte moderna e contemporanea di Firenze (Lungarno Benvenuto Cellini, 3), poi a quella di Milano (via Fatebenefratelli, 36) . Ma più che la regolarità e il sapiente lavoro di ricerca di Roberto Casamonti, il fondatore del business internazionale di Arte, e del gruppo di lavoro, comprensivo di due suoi figli, rimangono impresse le parole con cui egli ci presenta in conferenza stampa questo bel libro.
Si sente il suo reale oscillare fra la gioia della vendita, dopo un acquisto di opera d’arte che sicuramente apprezza, e il dolore del distacco che gli procura la vendita Non a tutte le opere è legato con lo stesso grado di affezione, e quindi non ne è sempre drammatico il distacco. Ma è certo che il grande numero di gallerie aperte negli anni in Italia, Francia, Inghilterra, America è indice di sue grandi capacità di intuire chi è artista anche prima della consacrazione ufficiale. A questo va aggiunto il maggior grado di apprezzamento per alcuni artisti rispetto ad altri, un insieme di cultura e soggettività identitaria, non prevedibile per qualcuno che non è lui stesso.
Ci ha raccontato un aneddoto riguardo l’acquisto di un quadro che gli faceva grande pensiero aver venduto. Qui è una storia diversa. Il quadro venduto era un dono ricevuto da suo padre. Roberto era agli inizi dell’attività, non aveva grandi capitali. Ma non ha mai dimenticato di volerne rientrare in possesso. Recentemente, durante la trattativa di acquisto di un nuovo quadro da parte di questo cliente, ha accettato di venderglielo se lui gli permetteva di riacquistare il quadro vendutogli molti anni prima. La transazione si è conclusa con soddisfazione di ambo le parti.
Fra una presentazione e l’altra di alcune opere, esposte in galleria e fotografate nell’Antologia, ci ha pure raccontato che i suoi figli lo invitano a non comprare più opere del 900. Loro acquistano arte contemporanea. Ok, dice Casamonti, ma io ho una predilezione per gli artisti del XXmo secolo, perché sono cresciuto fra opere del periodo, perché mi piacciono particolarmente e perché, in pratica, i soldi oggi li hanno più i miei coetanei che i giovani. Frasi dette con un elegante sorriso, senza polemiche.
La galleria è composta di due piani. Al primo piano trovano posto importanti opere del 900, a piano terra arte contemporanea.
Ai paesaggi è dedicata una parte significativa del percorso espositivo del piano superiore. Vediamo in mostra due tele di Plinio Nomellini, risalenti ai primi anni del XX secolo, Luna di ottobre, del 1900 circa, dove l’artista si concentra sull’effetto della luna sui canneti, e Pastore con gregge e pecore, di poco successivo, in cui la luce è dipinta con densità molto maggiore. E’ anche presente Carlo Carrà, tra le figure più eminenti dell’arte italiana del Novecento, con L’albero secco, 1962, e Ardengo Soffici, di cui è possibile ammirare due vedute toscane, Febbraio a Poggio a Caiano e Forte dei Marmi. Uno spazio reale e tangibile , quello di Lucio Fontana, si trova a piano terra in tre opere Concetto Spaziale rosso, del 1959; Concetto Spaziale bianco, con due tagli, del 1961 e Concetto Spaziale, Teatrino, blu del 1966. In maniera diversa affronta lo spazio Alberto Burri, in due opere del 1952, molto diverse fra loro: Tempera, composizione di velature e Senza Titolo, all’opposto, un quadro in cui il colore è inspessito con l’uso di vinavil, pietre, catrame e pezzi di iuta cuciti sulla tela. Aneliti che accomunano questi artisti dello spazio vengono espressi in parole dall’artista Piero Dorazio, grande sperimentatore. Egli afferma” Ho sempre pensato di fare una pittura astratta che potesse indurre nell’osservatore la sensazione che esiste nel quadro una dimensione che non è solo quella della superficie della tela, ma anche quella della mente, perché un quadro astratto può anche essere a più di due dimensioni. dato che la misura dello spazio non è fisica, ma individuale e psichica”
In Velocità d’automobile + luci (studio), realizzato attorno al 1913, Giacomo Balla, uno dei grandi protagonisti del Futurismo, sperimenta il tema del dinamismo. Attraverso linee dinamiche monocolori riesce a rappresentare visivamente il moto di un’automobile e le luci. L’altra opera, una tempera su carta dal titolo BalfioreMotivo floreale per sciarpa (1925 circa), mostra la sua capacità decorativa. Alla moda infatti si dedicò fra il 1910 e gli inizi dei 30.
Due i dipinti di Ottone Rosai, maestro fiorentino che si è profondamente nutrito della vita urbana e che Roberto conosceva fin da piccolo per la frequentazione di suo padre con l’artista La prima, Concertino (Orchestrina), raffigura un piccolo gruppo di musicisti che si esibiscono in una composizione dallo spazio compatto e ben definito; nella seconda, Giocatori di biliardo (1959), Rosai immortala l’interno di una sala da gioco, sviluppando uno dei temi a lui più cari.
A testimonianza della produzione artistica di Alberto Savinio, intrisa di classicismo e di significati simbolici, ci sono Hector et Andromaque e Nettuno, risalenti agli anni ’30, dove i miti greci e romani sono riletti con una sensibilità moderna e inquietante.
L’Arte povera, a cui proprio in questi mesi la Pinault Collection alla Bourse de Commerce di Parigi riserva una mostra senza precedenti, è rappresentata da Coccodrillo e Senza titolo di Mario Merz, da un Senza titolo del 2000 di Jannis Kounellis, realizzato con farfalle e piombo, e da Pierpaolo Calzolari, Mario Ceroli, Michelangelo Pistoletto e Piero Gilardi. Presente anche Alighiero Boetti, di cui si presentano qui quattro opere, tra cui Mimetico del 1967 e il dittico Mettere al mondo il mondo del 1975. Questo artista si è sempre tenuto lontano dalla definizione Arte Povera, che non sentiva attagliarsi al suo modo di dipingere e ideare.
A Boetti la Tornabuoni Arte, nella sede di Roma, dedica l’esposizione Alighiero Boetti. Cabinet de curiosités.
Una sezione della mostra di Firenze è riservata agli artisti internazionali, con lavori di grande spessore storico e stilistico. Emergono il belga René Magritte, con la sua tela La gare (1922), frutto di un periodo profondamente influenzato dal Cubismo e dal Futurismo, e lo spagnolo Joan Miró, di cui Antologia scelta 2025 propone Oiseau (1972), un dipinto ad olio, acquerello, gouache e pastello che ne incarna perfettamente illinguaggio onirico, fatto di simboli astratti e colori vivaci. Non a caso è stato scelto per la copertina dell’Antologia Scelta che accompagna l’esposizione, a cura di Tornabuoni Arte.  Il testo introduttivo, dal titolo Storia di una trasformazione annunciata, è di Gino Pisapia.

24/mo River to River, il Florence Indian Film Festival

The Great Indian Family

The Great Indian Family

River to River, il Florence Indian Film Festival, in un rinnovato fluire di immagini (quelle delle foto di una mostra e quelle dei film), di talk, di incontri fra l’Ambasciata Indiana e le Istituzioni italiane, delinea la vita passata e presente del continente asiatico. Ha avuto luogo per la ventiquattresima edizione al Cinema La Compagnia. A parte la Mostra fotografica, che si tiene in via di Mezzo, alla B.east Gallery.

Ventidue film, in prima italiana e europea,

Ventidue film, in prima italiana e europea, proiettati per 6 giorni, dal 5 al 10 dicembre, nell’ambito della 50 giorni di Cinema a Firenze, sotto l’egida della Mediateca, Fondazione Sistema Toscana. Un omaggio a giganti del grande schermo. Quasi metà dei registi scelti sono donne. Da opere sperimentali a successi che hanno sbancato il botteghino. In Concorso lungometraggi, documentari e corti. Fra una proiezione e l’altra talk e cooking show. C’è pure Our Big Punjabi Family, l’irresistibile web serie che segue le vicende di Sitara – terapista familiare – e di suo marito Sunny –imprenditore tecnologico – che tornano a vivere con la famiglia di lui dopo aver perso tutti i loro soldi in un cattivo investimento di Sunny.

.Ambasciata Indiana a Roma

Come di consueto, l’Ambasciata Indiana a Roma manda alla Conferenza stampa fiorentina inaugurale una sua rappresentante e un videomessaggio dell’Ambasciatrice. La costanza di Selvaggia Velo, creatrice e direttrice artistica, nel portare a Firenze, dal 2001, anno dopo anno, una accurata e appassionata selezione della cinematografia indiana, è premiata dal nuovo accordo fra le istituzioni dei due paesi sul progetto di far girare questo Florence Indian Film Festival, l’unico Festival del Cinema Indiano in Italia, anche in altre città italiane.

Film inaugurale e film finale

Il film inaugurale, The Great Indian Family, del regista campione di incassi Vijay Krishna Acharya, è un esplosivo comedy-drama interpretato dal divo Vicky Kaushal. Tra coreografie in puro stile Bollywood affronta un tema cruciale:le differenze di lingua, cultura, religione fra donne e uomini vanno considerate sovrastrutture e quindi non possono essere prese a pretesto per crearsi dei nemici o perdere il concetto che nella nascita sta la nostra eguaglianza di esseri umani. La scena con i due neonati è talmente efficace nel rendere ovvia questa tesi che, anche coloro che non amano Bolliwood e uno stile per noi un po’ melenso che a tratti compare nel film, debbono assolutamente vederlo. E’ già stato distribuito con successo in America e Inghilterra. In Italia ci auguriamo che qualcuno lo distribuisca.

Il film finale, Everybody Loves Sohrab Handa, è un’irresistibile commedia in giallo firmata dal guru del cinema indipendente Rajat Kapoor. Proiettato alla presenza dell’attore protagonista Vinay Pathak.

Lungometraggi in Concorso

I principali argomenti trattati nei lungometraggi in concorso per il premio del pubblico sono contrasti tra tradizione e mondo che cambia (Laapataa Ladies), visioni distopiche (Ennennum) e storie di quotidiana follia (Logout).“Laapataa Ladies” concorre all’Oscar di Kiran Rao: storia di due giovani spose che, a causa dell’abito matrimoniale identico e del velo che copre a entrambe il volto, durante un viaggio in treno si ritrovano scambiate dai rispettivi mariti. La situazione finirà per portare alla luce il lato oscuro dei matrimoni combinati, la persistente tradizione delle nozze forzate e la violenza che spesso dilaga tra le mura domestiche.

Logout di Amit Golani, la vicenda di un giovane influencer (Babil Khan) che vede il suo mondo vacillare quando un fan gli ruba il telefono minacciando la sua notorietà. Una potente interpretazione di Babil, giovane figlio d’arte, e una sceneggiatura avvincente che tratta dell’attuale uso del cellulare fra l’influencer e i suoi fan, terribilmente nocivo per la vita di entrambe le categorie.

Ennennum di Shalini Ushadevi, in cui una coppia decide di sperimentare un costoso impianto che dona l’immortalità. Si trovano in balia del proponente, un assicuratore che mira unicamente a alla firma del contratto, senza illustrarne i feedback negativi. Si vive un’angoscia crescente per le ripercussioni che l’eventuale accettazione della proposta ha sul rapporto di coppia.

The Mehta boys è incentrato sul rapporto malato fra un padre tirannico e il figlio maschio. Un rapporto di imposizione delle proprie idee che ha fatto del figlio un uomo fragile. Si vede invece con quale gentilezza è capace di trattare una giovane donna. Col risultato che lei si intenerisce e prende addirittura le sue difese criticando il (comprensibile) modo in cui il figlio tiene a distanza il padre. Una descrizione dei guasti del Patriarcato, che sottomette la donna e educa il figlio maschio a tramandare la tradizione, rinnegando il nuovo che avanza.

Il premio del pubblico è stato attribuito a Laapataa Ladies

Cortometraggi in Concorso

Come ogni anno River to River propone una selezione della migliore cinematografia breve prodotta in India e inedita in Italia, frutto del lavoro di giovani registi emergenti. In Bandar (Monkey) di Geet Gangwani, due fidanzati si trovano a dover affrontare la sfida di una relazione a distanza.

The Apple di Mayank Sharma, due bambini evidenziano la classe sociale diversissima nello scambio di una mela, cibo ostico per il ricco, sopravvivenza per l’infinitamente povero. Un dolce finale a sorpresa, che fa del corto un messaggio incisivo.

Croak Show di Suresh Eriyat è un gustoso film d’animazione per un concerto di musica tradizionale indiana in mezzo alla foresta. Altri lavori indagano il tema della casa “Domestic Help” di Raveesh Jaiswal, un clown che non ha avuto successo lavora come domestico per una donna impegnata a stilare una lista infinita di cose da fare; “Home” di Nina Sabnani, una bambina racconta la storia della propria famiglia durante la Partizione del 1947. iN Dos Mujeres di Shankey Srivasan, una donna indiana e una messicana affrontano ogni giorno le difficoltà di essere immigrate negli Stati Uniti. Premio al miglior cortometraggio va a  va a Rsvp di Perna Ramachandra (USA, 2024, 14’), storia di una una ragazza che, dopo la morte del padre, si trova contemporaneamente ad affrontare il lutto e a cercare di capire l’inattesa reazione della madre.

Un omaggio a Raj Kapoor

Attore, regista e produttore leggendario, Raj Kapoor (1924 – 1988), noto per grande professionalità e per i ruoli di vagabondo allegro e onesto nonostante le avversità da lui interpretati, è considerato uno dei più influenti rappresentanti della settima arte nel Subcontinente. Popolarissimo non solo in India, ma anche nel Medio Oriente e in Unione Sovietica, Cina e Sud-est asiatico, Kapoor ha dominato Bollywood durante il suo periodo d’oro (1940-60). Molti tra i suoi film sono annoverati tra le opere cinematografiche più acclamate dell’India. E’ suo il merito di aver portato la cinematografia indiana alla ribalta mondiale. Selvaggia Velo, per la notorietà del suo River to River, ha ottenuto di proiettare a Firenze l’8 dicembre il capolavoro “Awaara”, sei giorni prima dell’inizio dei festeggiamenti in patria per il centenario della nascita di Kapoor. A dimostrazione del grande apprezzamento che questo festival si è guadagnato presso i familiari di Kapoor e presso la società indiana tutta. Il film tratta la vita di un bimbo senza padre.  Il padre giudice ha buttato fuori di casa la moglie incinta, dando retta a voci che, senza prove, sostenevano che il figlio non era suo. Il film è una denuncia dello stato di miseria senza riscatto di chi è senza padre, un inno all’Amore che supera le caste e, insieme, un racconto con balli scenografici di grande valore.

L’India in cucina

Al termine del documentario Mother’s tongue, dove la cultura punjabi si riscopre attraverso la cucina, gli spettatori hanno assistito al cooking show dello chef Basheerkutty Mansoor, creatore di Nura, primo food truck di cucina indiana in Italia che serve piatti tipici del Kerala. Per tutta la durata della manifestazione è stato possibile gustare i suoi piatti al caffè del Cinema La Compagnia.

Mostra The shape of self di Alessio Maximilian Schroder

18 gli scatti in mostra, tutti realizzati in analogico, per questo lavoro mai esposto prima. E’ una personale che trova casa all’interno del River to River. “The Shape of Self” nasce per rivendicare il diritto delle comunità transgender e transessuali del Bengala Occidentale ad esistere e ad essere riconosciute. Rimane oltre la chiusura del festival, fino al 5 febbraio, in via di Mezzo 40 presso B.east Gallery.

Conclusioni

Sfido chiunque ad aver seguito tutto ciò che è stato proposto in questo festival. Ho descritto solo gli eventi cui ho partecipato in questa 6 giorni densa di occasioni che delineano la vita passata e presente del continente asiatico. Dai film si evince che la società è protesa verso le tecnologie più avanzate ( vedi ad esempio Logout), ma conserva pesanti tradizioni di patriarcato, sul cui peso le donne giovani ancora si ingannano ( The Mehta boys). Lo stile Bollywood compare, sempre gradito per i costumi da favola e la bravura dei ballerini, ma la maggioranza dei film di questa edizione affronta problemi attuali o addirittura avveniristici, senza balli folcloristici per addolcirne la drammaticità.

Aydan al Museo Bellini di Firenze con Antiche risonanze di Istambul

Aydan Uğur Ünal, ingegnere ed artista turca, ha scelto di portare i suoi quadri, riuniti in una mostra, dal titolo Antiche risonanze di Istambul, al Museo Bellini, in Lungarno Soderini a Firenze, dal 24 settembre al 6 ottobre 2024.

Nello stesso periodo a Palazzo Corsini, di fronte al Museo, si svolgeva la 33a edizione della BIAF, Biennale Internazionale dell’Antiquariato.

Sabb, Nuovo Barocco Surreale

I numerosi rimandi nei suoi quadri alla Storia, alla Mitologia e a personaggi quali Leonardo da Vinci rendono ragione di questa scelta temporale, ma non il suo stile , un unicum da lei battezzato Aydan Sabb, Nuovo Barocco Surreale. Pennellate dense di colori iridescenti, che rendono i suoi quadri dei bassorilievi, da cui i disegni emergono nella loro interezza solo dopo che lo sguardo li percorre con attenzione. La matericità insolita delle superfici mi ha spinto a chiedere all’artista il permesso di carezzare tali superfici. Trovandone sotto le dita il rilievo ipotizzato. Questi quadri sono volti a creare meraviglia e stupore, proprio come molte opere barocche. La tecnica usata presuppone una scientificità che permetta alle singole pennellate di comporre una sintesi , per chi guarda inaspettata. Vengono in mente le pennellate degli impressionisti, ma qui il compito è più difficile, per la tridimensionalità della pennellata. L’aggettivo surreale indica bene l’apparizione di un mondo riconoscibile ma anche volutamente deformato, per ricostruirne un fascino antico, popolato di miti e leggende.

Turchia, eccezionale bellezza

Questi quadri fanno conoscere al pubblico la eccezionale bellezza della Turchia, crocevia di popoli, culture, religioni, dove sono fiorite testimonianze artistiche quali le chiese rupestri della Cappadocia, il Corno d’Oro, estuario naturale invaso dal mare e luogo evocativo di memorie passate che rimandano all’antica Bisanzio-Costantinopoli. Ripensiamo ai mercanti genovesi e veneziani lungo le vie della seta, ai commerci con l’Oriente, alla torre di Galata, luogo di avvistamento dei genovesi contro i nemici , al genio di Leonardo da Vinci, che nel 1502 produsse un progetto per un ponte sul Corno d’Oro per incarico del sultano Bayezid II.

Protagonista la città di Istambul

E poi ci sono i Miti. Tanti, antichi, dalla madre terra Cibele alle imprese degli Argonauti alla ricerca del vello d’oro. Grande protagonista della mostra, però, rimane Istanbul, come indica il titolo scelto dall’Artista “Antiche risonanze di Istambul”. Questa città, adagiata con le sue moschee blu sul mar di Marmara, abbraccia due continenti, Europa e Asia, dei quali è riuscita a compiere una  fusione religiosa e culturale. E’ stata cristiana e musulmana nel suo millenario passato che emerge oggi nei dettagli degli edifici e nei riflessi dorati del mare al tramonto.  Aydan ricostruisce con grandi capacità il suo splendore.

Premi al 16 France Odeon

 

En Fanfare

Premiato dal pubblico di France Odeon En fanfare. E’ piaciuto anche ai distributori per l’Italia dove però ne hanno storpiato il titolo, che in Italiano “suona” L’0rchestra stonata. Spero non allontani il pubblico da questo piccolo gioiello. Il film parla di orchestra e di banda musicale in difficoltà nel trovare un nuovo direttore, ma il punto dela storia è ben altro. La grazia sottile, a tratti comica, la musica classica travolgente dell’orchestra e quella più ritmata e di facile comprensione della banda spingono a dare a En fanfare il significato di “Tutti insieme in allegria”. Perché la musica è in grado di creare unione e portare serenità anche se gli eventi sono drammatici.

Raccontare per immagini è la chiave del successo di un film. Qui il regista, Emmanuel Courcol, aggiunge la musica al piacevole scorrere delle immagini e crea nuovi significati e grandi emozioni. Narra la storia insolita di un direttore d’orchestra di successo, Thibaut, che contrae una leucemia mortale. Può salvarsi solo con un impianto di midollo spinale compatibile. Complicazione immane questa della compatibilità. La probabilità dell’incontro con un donatore compatibile è di uno su un milione. Si tenta con i parenti stretti, ma….

Nella ricerca il protagonista si imbatte nei suonatori della banda di un paese di provincia. La musica della banda, così diversa dai suoi Mozart o Ravel, diventa per Thibaut un legame con la sua possibilità di vita perché un suonatore di tromba della banda, Jimmy, può essere il donatore. Bellissimo il contrasto fra il mondo fatato di Thibaut e quello operaio di Jimmy. In provincia regna la crisi del lavoro, di cui risente la banda, fatta di dilettanti che si arrabattano a suonare extra lavoro. Essi però costituiscono un bel campione di ruvida umanità.

I due tipi di musica accompagnano e sottolineano le varie fasi dello sviluppo della storia e i cambiamenti che il rapporto fra Thibaut e Jimmy induce in entrambi.

Mon inséparable.

Mon inséparable, premiato come miglior film dalla giuria  del Festival.

Nel film la regista Anne -SophieBailly ha scelto di trattare un argomento difficilissimo, la fine di un rapporto simbiotico fra madre (Mona) e figlio con ritardo mentale (Joel), nel momento in cui lui, innamorato di una ragazza del gruppo di cura, fa consensualmente all’amore con lei. Sempre d’accordo, decidono di tenere il bambino concepito nel rapporto. La parte di Mona è affidata ad una bravissima Laure Calamy. Intorno a lei ruotano tutti gli episodi narrati. Attiva e disponibile fino a che il rapporto con Joel è simbiotico, crolla in un distacco troppo rapido al manifestarsi di una indipendenza convinta del figlio.

L’altalenare fra i poli opposti del possesso e dell’abbandono la sfinisce. Mona rivela tutta la sua fragilità e anche la volontà di porre fine a quella che è oggettivamente, un’ingiustizia, ovvero l’essere stata abbandonata con il figlio ritardato dal marito, che si è rifatto una famiglia “normale”. Joel è addirittura più veloce di lei a porre fine a un rapporto ormai superato da quella che gli si prospetta come una nuova vita.

Con un vero capovolgimento del pensare comune, questo film ci fa apparire, alla fine, come comportamento veramente malato solo quello del padre di Joel verso Mona. Lei riesce a combattere e superare la possessività ormai fuori tempo per suo figlio.

Mikado

Premiato della giuria giovani  Mikado di Baya Kasmi, che con questo lungometraggio è passata dal genere comico ad un film socialmente impegnato nel trattare il dramma che alcuni bambini subiscono nelle famiglie di affido. Mikado(Felix Moati) è stato appunto uno di loro che, grazie ad un incontro con Laetizia(Vimala Pons), ha creato una famiglia, ralleegrata da due bambini. Famiglia in apparenza gioiosa, dove lui riesce a contenere i suoi problemi psichici. La fanciulla maggiore, Nuage( Patience Munkenbach) è adolescente, ben più grande del fratellino, e inizia a non apprezzare più la vita girovaga che Mikado e Laetizia conducono.

La casa è un pulmino, che permette loro di spostarsi dovunque. Agli occhi di Nuage questa libertà ha dei risvolti inaccettabili per costruire la sua vita. Lo scontro con i genitori, normale in adolescenza, qui assume toni insanabili. Sarà l’intervento di un professore, che li ha ospitati nel suo giardino, a dare una svolta alla vita girovaga di Nuage. Le scene del film sono calde e vitali, ma la semplificazione dei problemi psichici che, malgrado la buona disposizione d’animo, permangono in Mikado e appaiono in Nuage, porta ad un lieto fine poco credibile e, vista la drammaticità del problema di fondo, il maltrattamento dei bambini, anche ad una sottovalutazione dei danni inflitti in tenera età, che non basta la bontà a guarire.

Premio Sguardi Mediterranei a Le royaume di Julien Colonna e a Michel Boujenah per Père et fils.        Per questo film si rimanda a https://www.gal-y-leo.net/cinema/il-france-odeon-cinema-festival-2024-ha-onorato-una-promessa/

Premio Speciale della giuria a Le Choix  di Gilles Bourdos e Foglia d’Oro d’onore a Vincent Lindon, interprete del film. (https://www.gal-y-leo.net/cinema/intervista-a-vincent-lindon/)

Intervista a Vincent Lindon

Vincent Lindon, ospite d’onore della 16ma edizione di France Odeon, ci ha elargito con grande generosità e schiettezza alcuni dei segreti che ne fanno un attore pluripremiato.

E’ possibile ricostruire un’intervista, riportando le sue risposte ad alcune domande a lui fatte nelle tre sedi in cui ha parlato,  il Grand Hotel Excelsior per  la conferenza stampa di presentazione di Jouer avec le feu, la sala degli elementi di Palazzo Vecchio per la Lectio magistralis e la sala del Cinema La Compagnia  per la presentazione  dei due lungometraggi che lo vedono protagonista, Le Choix e Jouer avec le feu, scelti dal Direttore artistico Ranieri Martinotti per questa edizione.

Quale è stata la motivazione che l’ha spinta a diventare un attore?

Una sera, a cena con amici, al termine di un ciclo di studi, ricevo una telefonata da mio padre, che mi incuteva una certa soggezione, in cui mi domanda: “Cosa hai intenzione di fare?” Gli rispondo che ci sto pensando. Mette giù. Suona di nuovo il telefono. E’ sempre lui che aggiunge:” Per me puoi fare qualsiasi lavoro, basta che ti alzi alle 8 tutte le mattine”

Alla Mostra di Venezia di quest’anno lei è stato premiato con la Coppa Volpi per la sua interpretazione in Jouer avec le feu. Cosa la spinge a fare anche qui una conferenza stampa per questo film che ha già una distribuzione in Italia (I Wonder Pictures)?

Effettivamente non so quanto ancora farò conferenze stampa. I giornalisti con il cellulare spesso ed i fotografi sempre passano il tempo della conferenza a scattare foto. Anzi, mettete via i cellulari per qualche minuto. Ha un senso l’incontro di persona se c’è un dialogo. Però mi sa che farò come certi attori del passato, che non accompagnavano il film. Io faccio il mio lavoro. Il pubblico ne deve pensare quello che vuole. Questa volta c’è anche una ragione per venire di persona. Sono con Benjamin Voisin e Stefan Crepon, i miei due figli nel film. Sono due giovani attori, con i quali c’è stato un vero scambio di competenze e una crescita di rapporto nel corso del film, anche grazie all’abilità delle due registe, Delphine e Muriel Coulin. Fate domande anche a loro.

Quando, in una delle ultime scene del film, suo figlio Felix(Benjamin Voisin), in tribunale, dopo il suo discorso di padre alla Corte, si volta verso di lei con un lungo sguardo, è uno sguardo di odio?

Va chiesto a lui. Ma comunque, per giudicare il contenuto delle espressioni di un attore, bisogna legarle al prima e al dopo. Ad esempio, se devo dire “La signora è bella” o “La signora è brutta”, la mia espressione è la stessa. Per interpretarne il contenuto ci si riferisce a ciò che è stato prima o sarà dopo.

Che cosa va fatto per migliorare la recitazione?

Per recitare bisogna sapere a memoria il testo senza la minima incertezza. Va ripetuto una quindicina di volte, come puro testo. Dopo si può recitarlo. Ci sono degli attori, tremendi, che per dire “Voglio un caffè” fanno lunghe interlocuzioni. Il testo va saputo, senza inventare nulla.

Poi a me piacciono gli incontri con il pubblico perché osservo i comportamenti e li memorizzo, pronto a ripescare nella memoria quello che può servirmi quando recito. E’ sempre possibile imparare, se si sa stare attenti a cogliere le reazioni della gente.

C’è un personaggio che è stato difficile da recitare nella sua lunga carriera?

Sicuramente quello di Joseph Cross, il solo attore visibile (gli altri sono voci al telefono) di Le choix. Un ruolo complicato per uno come me che è abituato a lavorare in gruppo. Quando ho rivisto La choix, stento a credere di essere io quello sullo schermo. E comunque mi chiedo come ho fatto a “tenere” così a lungo quello che, dal punto di vista dell’attore , è un monologo che dura più di un’ora. Di una cosa sono certo: un film di questo tipo non lo rifarei.

Lei è molto apprezzato da anni per le sue capacità straordinarie di attore. Sembra però che i premi…

I premi stanno arrivando solo da poco. Per anni si diceva che era strano che non fossi premiato. Ora i premi arrivano tutti insieme ad un punto della mia vita in cui mi interessano di meno. Sarebbe bello poterli spalmare su tutta la mia carriera.( per la cronaca anche in questo Festival ha ricevuto un premio per la sua interpretazione ne La choix). A questo punto mi faccio io una domanda, alla quale però non so dare una risposta.

Come mai, essendo io di una famiglia nobile, sicuramente alto borghese, sono sempre a interpretare operai o generici lavoratori?

Per provare a dare una risposta bisognerebbe conoscere in dettaglio la sua biografia. Comunque, da alcune sue dichiarazioni, appare evidente che voglia e capacità di imparare cose nuove siano una costante nella vita di Vincent Lindon.

Il France Odeon Cinema Festival 2024 ha onorato una promessa.

Questa sedicesima edizione di France Odeon ha mostrato, nei 5 giorni di durata, una serie di film veramente speciali, dai contenuti più vari, realizzata con attori validissimi. A parte La piscine (1969), omaggio ad Alain Delon a tre mesi dalla morte, tutti questi film hanno un distributore in Italia. Ad eccezione di uno, Père et fils, girato nel 2002.

Michel Boujeanah, regista di Père et fils, suo primo lungometraggio, aveva fatto una promessa al protagonista del film, Philippe Noiret, suo grande amico.

Durante la distribuzione di questo film di successo in molte parti del mondo, ma non in Italia, gli aveva promesso, a sua domanda, di cercare un distributore per l’Italia. Mentre Noiret era vivo, il regista ha fatto molte ricerche, ma non è riuscito a onorare la promessa fatta. E Noiret si rammaricava, perché avrebbe avuto la possibilità di  accompagnare il film a Bologna, Firenze, Roma, per dire alcune delle città dell’Italia che l’attore amava enormemente.

Aveva soggiornato in Italia nel ’75 e nell’82  per girare il primo e il secondo atto di Amici miei. Si era creato un back stage amichevole e scanzonato con Tognazzi, Moschin, Celi e in genere con tutta  la troupe dei  due film di Monicelli. Anche questi bei ricordi aumentavano la voglia di Noiret di tornare in Italia.

Per il regista onorare la promessa  era una spina nel fianco.

Per cui quest’anno Boujeanah, incontrando Ranieri Martinotti in una sala d’attesa della mostra di Venezia “gli è saltato letteralmente addosso” col racconto della sua ricerca. Un racconto che ha affascinato il direttore artistico di France Odeon. “Si, ti  proietto Père et Fils  a Firenze.”- gli ha assicurato. La sala de La Compagnia, luogo delle proiezioni di France Odeon, si è entusiasmata per questo film che, a più di 20 anni dalla sua creazione, è sempre attuale, molto riuscito. Qualcuno, quando si sono accese le luci fra gli applausi, a caldo si è offerto di cercare un distributore. Una storia a lieto fine? Speriamo.