Alla 35ma edizione del Trieste Film Festival

Rinnovato interesse per il Cinema in sala.

Si respira, dalla fine dell’estate 2023, un rinnovato interesse per il Cinema visto in sala. I motivi sono sicuramente da ascrivere all’isolamento cui il  Covid ha costretto, nel tentativo di limitare il contagio. Ma anche l’arrivo “solo” al Cinema di più di un film di spessore- Film, questi, tutti selezionati dai Festival del Cinema. Una  idea per i distributori può essere quella di ispirarsi agli abbinamenti, fatti sempre in ambito festivaliero,  per suggerire ai gestori di proporre al pubblico due film, uno dopo l’altro,  con una piccola maggiorazione di prezzo.

Abbinamenti.

Ho trovato un bell’abbinamento, fatto da Nicoletta Romeo, direttrice artistica del 35mo Trieste Film Festival, la sera dell’ottavo giorno. Uno dopo l’altro erano in programma Stepne e Observing, due modelli di società a confronto.  Due film con uno stile ed un’ambientazione  diversissimi, ma che portano avanti, incredibilmente, lo stesso messaggio. Una narrazione lenta e poetica quella di Maryna Vroda, ucraina, per il film Stepne, all’opposto una narrazione rapida e tesa quella di Janez Burger, sloveno, per il film Observing.

Stepne

Secondo la Vroda, il suo film Stepne nasce dal desiderio di celebrare l’atmosfera di un villaggio ucraino dove a 4 anni la portarono i suoi genitori per farla vivere dai nonni. Ne scaturisce un film che possiamo definire, oltre che un ricordo intimo, una ricostruzione storica, suggerita da immagini di Stalin e dalle conversazioni fra amici e conoscenti di Stepne, seduti a tavola per renderle omaggio dopo la sepoltura. Il pranzo è organizzato dai due figli della donna, che era un punto di riferimento nel villaggio . Il premio attribuito alla Vroda dalla giuria del Premio Tieste- e prima la menzione tributatale a Locarno- riconoscono la sua  capacità di fare per immagini la descrizione di un modo di vivere fatto di solidarietà, accoglienza del diverso e vita in rapporto con gli altri, auspicabile a tutte le latitudini. Le riprese di paesaggi nebbiosi, invernali, con alberi senza foglie, creano un non luogo, funzionale al proposito dichiarato da Maryna di avere scelto questa trama come  un  auspicio di cambiamento della società odierna. Quello che poteva essere un ricordo melanconico diventa una speranza per la nostra società che sempre più scade nell’individualismo narcisistico.

Observing

La storia narrata in Observing è ispirata da un fatto di cronaca. Con un linguaggio ben diverso dalle atmosfere da fiaba del film precedente, l’uso di una tricamera che dà immagini che respingono lo spettatore , vi si  descrive  un’esecuzione postata  in diretta sui social, durata un’ora, che raccoglie 500mila like,  numero che corrisponde a un quarto della popolazione della  Slovenia, senza che nessuno degli spettatori chiami la polizia! Il regista, Janez Burger, è partito da un episodio realmente avvenuto in Slovenia nel 2017, nella moderna Lubiana. Nella realtà colui che ha prodotto il coma dell’uomo, che è morto poco dopo, ha preso 21 anni e 9 mesi di carcere. Colui che ha filmato la violenza gratuita , di calci spintoni e pugni, durata un’ora, è stato condannato a 20 anni e 9 mesi. Ma per i più di 500mila che hanno guardato la scena, inserendo like , senza chiamare la polizia, nessuna punizione. Da questa riflessione scaturisce il film che non perdona chi ha “osservato” senza intervenire.

Due modelli di società a confronto.

Una società coesa e solidale del villaggio di Maryna, che mi confida essere stato prodotto dalla durezza della dittatura di Stalin, ma che il suo film rende valida in ogni tempo,  viene messa a confronto con la deformazione del sociale,  magistralmente  descritta dal film di Janez, la cui  condanna degli spettatori passivi rafforza l’auspicio contenuto nel film di Maryna.

evanluci24@gmail.com

32mo Trieste Film Festival

Doppio premio a Otac (Padre), dramma contemporaneo

L’unico film ad aver collezionato due premi è stato il lungometraggio Otac (Padre). Per il CEI (Central European Initiative ) era  il film della sezione che meglio interpreta la realtà contemporanea. Anche il pubblico, coinvolto quest’anno come giuria, e molto numeroso per la modalità on-line del Festival, gli ha attribuito il primo premio dei lungometraggi.

Cosa comporta la povertà vera

Otac, di  Srdan Golubovic, (Serbia, Francia, Germania, Croazia, Slovenia, Bosnia-Herzegovina, 2020 ), già proiettato a Berlino nel 2020, è di grande attualità per la descrizione di cosa è la povertà vera. Uno stato di totale fragilità ed impotenza. Che ti toglie la capacità di ribellarti e la coscienza dei tuoi diritti. Ti licenziano senza neppure darti tutti i soldi che ti spettano. Se li hai richiesti e non te li hanno dati, capisci di essere senza difese.

Cosa fare

Nikola, il padre del titolo, in un’eccellente interpretazione di Goran Bogdan, pensa allora che l’unica risorsa che ha è il suo corpo, che non richiede soldi per azionarsi. E si incammina a piedi verso Belgrado, distante 300 km dalla cittadina serba in cui vive, per consegnare nelle mani del ministro la richiesta di riavere i suoi due figli, che gli sono stati tolti perché giudicato troppo povero per offrire loro un ambiente di vita dignitoso. Il buon senso direbbe che i Servizi sociali locali ti aiutino a cercare un lavoro o a recuperare il salario non pagato. E invece sono in mano a un direttore violento e corrotto: gli è facile “tenere sotto” il povero che lavora occasionalmente.

Ecco perché Nikola intraprende questo immane viaggio, durante il quale il suo corpo cede più volte, per mancanza di cibo e di energia. Gli dedica attenzione solo la stampa, intervistandolo per questa impresa eroica, dopodiché le istituzioni lo ricevono, ma solo per salvare le apparenze.

Una narrazione efficace

Una sottile, continua suspence è mantenuta, fotogramma dopo fotogramma, da Golubovic, regista quarantottenne, già premiato a Berlino dalla Giuria Ecumenica nella sezione Forum col suo precedente  lungometraggio, Circles. Narratore assai efficace di un’epopea che già dalla sfilza di nazioni che hanno contribuito a produrre questo film, racconta della globalizzazione della povertà in una zona d’Europa dove le continue guerre hanno avuto, fra le conseguenze, una drastica riduzione dei posti di lavoro. Una situazione destinata a durare, visto l’imperversare della pandemia.